Eliogabalo o l'anarchico incoronato by Antonin (marsiglia 1896 - Ivry Sur Seine 1948) Artaud

Eliogabalo o l'anarchico incoronato by Antonin (marsiglia 1896 - Ivry Sur Seine 1948) Artaud

autore:Antonin (marsiglia, 1896 - Ivry Sur Seine, 1948) Artaud [Artaud, Antonin]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Fiction, Classics
ISBN: 9788845907951
Google: G2V7AAAACAAJ
Amazon: 8845907953
editore: Adelphi
pubblicato: 1991-10-15T00:00:00+00:00


Finita la battaglia, conquistato il trono, si tratta di rientrare a Roma, di penetrarvi con splendore. Non come Settimio Severo con dei soldati in tenuta di guerra, ma alla maniera di un vero re solare, di un monarca che ha ricevuto dall’alto la sua supremazia effimera, che l’ha conquistata con la guerra, ma che deve far dimenticare la guerra.

E agli storici dell’epoca non bastano mai gli epiteti sulle feste della sua incoronazione, sul loro carattere decorativo e pacifico. E sul loro lusso sovrabbondante. Bisogna dire che l’incoronazione di Eliogabalo ha inizio ad Antiochia verso la fine dell’estate del 217 e si conchiude a Roma nella primavera dell’anno seguente, dopo un inverno passato a Nicomedia, in Asia.

Nicomedia è la Riviera, la Deauville dell’epoca, ed è a proposito di questo soggiorno d’Eliogabalo a Nicomedia che gli storici incominciano a diventar pazzi di rabbia.

Ecco ciò che ne dice Lampridio, che sembra essersi fatto il Joinville di questo San Luigi della Crociata del Sesso, che porta un membro virile a mò di croce, di lancia o di spada:

«In un inverno che l’Imperatore passò a Nicomedia, poiché si comportava nella maniera più disgustosa, ammettendo gli uomini a un reciproco commercio di turpitudini, i soldati si pentirono ben presto di ciò che avevano fatto e ricordarono con amarezza che avevano cospirato contro Macrino per creare questo nuovo principe; pensarono dunque di trasferire i loro progetti su Alessandro, cugino di questo Eliogabalo e a cui il Senato, dopo la morte di Macrino, aveva conferito il titolo di Cesare. Chi poteva infatti sopportare un principe che prestava alla lussuria tutte le cavità del proprio corpo, quando non lo si ammette neppure per gli animali stessi. Alla fine arrivò al punto di non occuparsi d’altro, in Roma, che di avere degli emissari incaricati di ricercare esattamente gli uomini meglio fatti per i suoi gusti abbietti e di introdurli al palazzo perché egli potesse approfittarne.

«Si compiaceva inoltre di far rappresentare la favola di Paride; egli stesso vi interpretava il ruolo di Venere, e lasciando improvvisamente cadere sino ai piedi le vesti, interamente nudo, una mano sul seno, l’altra sui genitali, s’inginocchiava, e, sollevato il posteriore, lo offriva ai compagni di corruzione. Truccava il proprio viso come si dipinge quello di Venere, e si preoccupava di aver il corpo perfettamente liscio, considerando come il principale vantaggio che poteva trarre dalla vita quello di farsi giudicare adatto a soddisfare la cupidigie del maggior numero possibile di persone».

Roma è raggiunta a piccole tappe e sul passaggio della scorta imperiale, della scorta immensa che sembra trascinare con sé i paesi che essa ha attraversato, si manifestano dei falsi imperatori.

Venditori ambulanti, operai, schiavi che, nella anarchia regnante e vedendo sconvolti tutti i canoni dell’eredità regale, credono di poter essere re anch’essi.

«Ci siamo, sembra dire Lampridio, è l’anarchia!».

Non contento di prendere il trono per una pedana, di dare ai paesi che attraversa l’esempio della mollezza, del disordine, della depravazione, ecco che egli prende la terra stessa dell’impero per una pedana, e che vi suscita dei falsi re.



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